Best practice per l’internazionalizzazione. Tavola rotonda con Luca Gazocchi
Il 5 aprile il Marketing Club di Parma e la Camera di Commercio hanno invitato il presidente di BKey Consulting Luca Gazocchi a partecipare alla tavola rotonda sul tema della gestione dell’internazionalizzazione aziendale.
Sono intervenuti all’evento anche Eugenio Maini, amico ed ex senior partner di BKey Consulting, Massimiliano Palumbo, business development director di Schlegel Giesse, Fabio Colliva, direttore generale di Barilla Messico, Fratelli Branca Argentina e Vicenzi Spa. Ha moderato gli interventi Renzo Rizzo, partner Marketing Blu.
Il Marketing Club di Parma affonda le sue radici nel 1989, quando il prof. Carlo Carli, all’epoca docente presso la Facoltà di Economia e Commercio dell’Università di Parma, fondò il Laboratorio e la consulta di Marketing. Oggi il suo impegno è portato avanti da Carlos Salicrù Gairalt, presidente del Marketing Club di Parma e senior consultant di BKey Consulting, affiancato da manager volontari che investono passione e competenze nel gestire le attività del club.
Nel corso della tavola rotonda del 5 aprile, i relatori hanno suggerito alcune best practice, derivanti dalla loro esperienza manageriale, da prendere in considerazione in caso di espansione del proprio business oltre i confini nazionali.
La scelta del mercato
La scelta del mercato estero non può certo essere lasciata al caso o all’intuito. La valutazione deve fondarsi su un’analisi in termini di indicatori macroeconomici, infrastrutture, concorrenza e dimensioni del mercato. Una buona strategia da considerare è quella di avvicinarsi al mercato estero attraverso l’esportazione, senza necessariamente fondare una sede fin da principio.
Il distributore come chiave d’accesso al mercato
Un distributore fidato e specializzato, con forte radicamento commerciale e conoscenza dei clienti finali, è spesso il modo migliore di cominciare. È importante in questo caso evitare possibili conflitti di interessi, ricercando un operatore complementare, per massimizzare le sinergie. Fondamentale anche il controllo sulle condizioni di collaborazione attraverso contratti ben strutturati, per non rischiare di perdere il contatto con il cliente finale.
La Joint Venture: un matrimonio commerciale
La Joint Venture è un’alternativa che permette l’entrata in un nuovo mercato tramite la condivisione del rischio imprenditoriale con un esperto locale. La scelta del partner diviene quindi simile ad un matrimonio commerciale: bisogna essere sicuri della comunanza di valori, di approccio al business e della valenza strategica del progetto per ambo le parti. Anche in questo caso, la mancanza di interessi conflittuali è un elemento imprescindibile.
La progettazione attiva della value chain
Una conoscenza chiara dei canali distributivi e delle loro dinamiche economiche è essenziale per il successo. Nei prodotti consumer le dinamiche tendono ad essere simili, vista l’evoluzione comune della GDO nei vari paesi. In altri settori invece, le dinamiche passano ancora attraverso intermediari come il concessionario o il grossista, che assorbono parte importante del margine.
Un altro elemento di complessità, che se ben sfruttato può rivelarsi un’opportunità, sta nella presenza di e-commerce che, inevitabilmente, danno vita a vendite incrociate tra paesi. Risulta quindi necessario evitare eccessive disomogeneità di prezzo.
Qualsiasi sia la struttura, è comunque essenziale progettare la value chain partendo dalla definizione del prezzo ideale di vendita, per evitare di subirla passivamente.
La comunicazione del prodotto
La definizione e il posizionamento del prodotto rappresentano una delle grandi sfide di marketing, ancora di più quando si entra in mercati nuovi. Spesso, se l’azienda ha successo nel paese di origine, potrebbe dare per scontata la facilità di espansione. Al contrario, per riuscire a farsi ascoltare e scegliere dai clienti è necessario saper presentare l’offerta comunicandone il valore e l’unicità.
Le sfide di una sede locale: cultura, persone e ruoli
Mentre un ufficio di rappresentanza potrebbe servire quasi da subito, la sede va aperta solo in base a considerazioni economiche e razionali. La costituzione di una nuova sede, oltre a comportare un grosso sforzo finanziario, porta con sé numerose sfide tra cui:
• la selezione del personale, che deve integrare persone di fiducia dalla casa madre con dipendenti locali;
• la suddivisione dei ruoli tra centro e periferia, per la quale è consigliabile rendere autonomi i dipendenti locali che meglio conoscono il paese e il mercato, lasciando alla sede centrale il compito di assicurare il rispetto della coerenza con il brand;
• la diversità culturale, ovvero il diverso modo di fare le cose, superabile attraverso la condivisione di processi e valori coerenti con lo scopo di creare una visione comune che supporti il processo decisionale.
Concludendo, l’internazionalizzazione aziendale è una pratica indispensabile per la crescita della maggior parte delle aziende, tuttavia deve essere affrontata ponendo alla base un pensiero strategico che riesca a creare dei denominatori comuni nella gestione come il posizionamento e la gestione della value chain, l’unicità e differenziazione dell’offerta, i processi e il modo di lavorare delle persone.